Dopo averci messi in guardia contro il pericolo del denaro, Gesù ci istruisce sul pericolo del potere. Non ci riferiamo qui né all’autorità, che è un elemento necessario di ogni organizzazione sociale, né alla politica, che – intesa come buon governo della comunità – è la forma più elevata di carità, secondo quanto insegnava Paolo VI. Ci riferiamo invece al potere puro, a quello che cerchiamo come fine a se stesso, spinti dal desiderio un piacere oscuro.
Gesù, la sovranità che rifiuta il potere
Da Gesù emana un’aria di sovrana maestà. Egli insegna «come uno che ha autorità». Rimette i peccati, ciò che solo Dio poteva fare. Comanda ai demoni di uscire dagli uomini che ne sono posseduti. Ordina con impero alla tempesta di placarsi: «Taci, calmati!». Si impone persino sulla morte: «Lazzaro, vieni fuori!».
Dall’altro lato, però, egli ha sempre fuggito il potere. Nella prima battaglia, ingaggiata col demonio al termine dei quaranta giorni di digiuno nel deserto, si vede trasportato su un’altura da cui può dominare tutti i regni della terra; il demonio gli offre ciò: «a me appartengono il potere e la gloria, ed io li do a chi voglio…»; ma Gesù rifiuta. Quando ha moltiplicato i pani, e stanno per prenderlo per farlo re, Gesù fugge. Adesso che Giacomo e Giovanni gli hanno chiesto i posti accanto a lui, trasforma l’incidente in un’occasione per chiarire bene ai suoi discepoli come la pensa su questo punto (e come s’aspetta che la pensino i discepoli): «nel mondo si fa in un certo modo; tra di voi, però, non è così. Io sono venuto per donare la mia vita, per servire a vantaggio di tutti». E l’ultimo gesto che Gesù compie, quello a cui affida il senso della morte imminente, coronamento della sua missione e del suo dono, è un gesto da servitore, la lavanda dei piedi.
La minorità di Francesco e dei francescani
Questo stile ha fortemente impressionato Francesco d’Assisi, il quale – in una società in cui le persone erano divise in maiores (quelle che avevano il potere) e minores (quelle che subivano il potere), ha dato vita ad una fraternità che ha voluto portasse il nome di minori, appunto per stare dalla parte di quelli che erano senza potere. Anche all’interno della fraternità ha bandito tutte le denominazioni che sapessero di superiorità (piuttosto si parla di ministro, cioè servitore, e guardiano, cioè sollecito della cura). Ciò è ben passato nella tradizione cappuccina. Forse avete visitato a Vienna la Kapuzinergruft, dove venivano sepolti gli imperiali (tra cui, per esempio, la principessa Sissi). Ebbene, si dava sepoltura all’imperatore solo con un particolare rituale, quando – dopo che per due volte l’ingresso era stato negato in seguito alla sfilza dei titoli – alla terza volta, annunciato l’imperatore come un povero peccatore, le porte del convento venivano finalmente aperte.
La grandezza dell’uomo sta nell’amore
E noi? Il nostro mondo è pieno di stellette, gradi, medaglie, biglietti da vista che sembrano colonne delle pagine gialle… Ma anche nel nostro cuore c’è la voglia di primeggiare, come in Giovanni e Giacomo (poiché hanno avanzato la richiesta a Gesù) e negli altri apostoli (poiché si sono risentiti alla richiesta da parte dei due compagni di qualcosa a cui evidentemente pure loro non erano indifferenti). Ebbene Gesù ci dice che la grandezza di un uomo non dipende dal suo potere ma dalla sua utilità. La grandezza di un uomo non consiste in ciò che gli altri pensano di lui, applicando decorazioni sul suo petto, ma «tanto un uomo vale quanto vale dinanzi a Dio», come dice Francesco. La grandezza di un uomo consiste nell’amore che è capace di esprimere. Gesù è, sì, il numero uno, ma perché è colui che ha amato più di tutti. Questa grandezza, la sua, è quella che dobbiamo ambire per noi.
Contro l’uso diabolico del potere
Poiché un po’ di potere ce l’abbiamo tutti – non solo politici e magistrati, ma io sacerdote verso voi fedeli, i genitori verso i figli, gli insegnanti verso gli studenti, i datori di lavoro verso i dipendenti e anche viceversa, il medico verso i pazienti – stiamo in guardia dal suo risvolto diabolico. In negativo, evitando di cadere nella trappola dell’ambizione. In positivo, evitando quell’espressione tipica del potere che è il far aspettare. Le anticamere dei potenti sono piene di gente che aspettano, e questo è il segno che i potenti li hanno assoggettati. Ecco, se possiamo fare qualcosa per qualcuno, facciamo subito, senza far pesare il nostro potere.
Imiteremo così il Signore Gesù, sovrano umile, che è il più grande perché ha amato più di tutti, che non è venuto per essere servito ma per servire.
+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo