XXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Comprenderemo il vangelo di oggi, facendo due premesse. La prima è che Gesù era molto forte, ma anche molto mite, cioè pieno di pace ed alieno dall’uso della violenza. Anzi la sua prassi di condiscendenza attiva nei confronti di coloro che erano umanamente più meritevoli di condanna rappresenta la rivelazione della misericordia stessa del Dio di cui è il Figlio. C’era però una categoria che metteva a dura prova la sua pazienza, gli scribi e i farisei, dei quali spesso Gesù ha condannato non certo le persone quanto la mentalità ed il comportamento. È quel che accade in questo brano del vangelo di Marco, in cui scribi e farisei rimproverano Gesù perché i suoi discepoli non si sono lavati le mani prima di prendere cibo, non per motivi igienici ma per motivi rituali.

La seconda premessa è che in questo brano Gesù si occupa di qualcosa che gli pare molto importante, come comprendiamo chiaramente da ciò che fa e dice («convocata tutta la folla… ascoltate ed intendetemi bene…»). Non si tratta dell’acqua, sebbene oggi ci rendiamo conto ancora più della sua importanza. In Palestina l’acqua è un bene prezioso, che serve per sopravvivere, per bere e per fare da mangiare: la gente semplice non la usava certo per fini religiosi. Ma è contro una mentalità che Gesù prende posizione con grande fermezza, quella di cui i farisei sono espressione?

I farisei si servono di dio per fare distinzioni tra gli uomini

Per i farisei Dio si compiace solo di coloro che conoscono la massa minuziosissima di precetti che stanno nella tradizione intorno alla legge, e riescono a metterla in pratica. Tutti gli altri, che non conoscono e non mettono in pratica, sono destinati alla dannazione. Da un lato, i buoni e i santi. Dall’altro lato, i cattivi ed i peccatori. I farisei – ovviamente – stanno nella prima categoria e disprezzano la seconda. Essi possono procurarsi con la propria opera la salvezza da Dio. Ebbene, il Signore Gesù è venuto a svellere questa mentalità dell’autogiustificazione da parte dell’uomo con il suo sforzo e della discriminazione tra gli uomini a partire da Dio. Per Gesù, noi siamo infinitamente amati da Dio, indipendentemente da qualsiasi nostro merito, e la salvezza sta nell’accoglienza consequenziale del legame con il Dio che è amore e fa splendere il sole sui giusti e sugli ingiusti. Il Dio di Gesù non separa, ma unisce affratellando.

I farisei danno importanza al secondario e trascurano l’essenziale

L’essenziale è l’amore. E sempre per amore deve diventare importante anche il dettaglio. Ci sono dimenticanze che sono mancanza di memoria, e dimenticanze che sono mancanza di amore. Quando si vuol molto bene a qualcuno, anche i dettagli diventano importanti. Ma – appunto – come espressione d’amore, cioè dell’essenziale. Dalla cura dei dettagli si può valutare la qualità del nostro amore per Dio e per i fratelli. Questa è appunto l’ipocrisia, la duplicità, la vita come recitazione di un ruolo a sostegno di una facciata. Tutti dobbiamo guardarci dalla trappola dell’ipocrisia, e puntare al cuore. È nel cuore, infatti, che si gioca tutta la partita. Tutto dipende dall’intenzione. Lo stesso gesto di affetto (un abbraccio o una semplice stretta di mano) può essere un gesto di carità o un adulterio in miniatura. Lo stesso gesto di correzione (un rimprovero o un avvertimento) può essere votato alla salvezza o alla distruzione di una persona tutto dipende dall’intenzione. Tutto si gioca nel cuore.

Il desiderio della purezza

Gesù inaugura la propria predicazione con una beatitudine rivolta ai puri di cuore, che abbiamo pregato nel salmo responsoriale. Nella mentalità biblica il cuore non la sede degli affetti, ciò a cui pensiamo il giorno di san Valentino, ma il centro della persona umana, la sede della consapevolezza e della volontà, il punto di partenza dei desideri e delle azioni. A che cosa ci vuole condurre Gesù quando ci spinge ad un cuore puro? Riflettiamo. Sono forse puri i nostri corpi, di noi occidentali che mangiamo più di quello che ci serve, mentre la maggioranza dell’umanità muore di fame o stenta a sopravvivere? Sono forse puri i nostri occhi, di noi che appena vediamo qualcosa o qualcuno, subito pensiamo a che cosa l’altro può esserci utile, come possiamo spremerlo per ottenerne al momento opportuno qualche favore, e non sappiamo amare l’altro così com’è, semplicemente per lui stesso? Sono forse puri i nostri orecchi, che ogni giorno incamerano miliardi di parole, mentre abbiamo terrore di fermarci, e rimanere un po’ in silenzio, lì dove ci parla Dio? Sono forse pure le nostre bocche, che dalla mattina alla sera si aprono per giudicare senz’appello i nostri fratelli? Avere il cuore puro significa allora incontrare il fratello disinteressatamente, in modo gratuito, senza calcoli e secondi fini. Al cuore illuminato dalla purezza, il Signore Gesù promette nientemeno il dono di vedere Dio. Siamo puri di cuore? Come sarebbe bello essere puri: luminosi, trasparenti, autentici… Invece se guardo al mio cuore ci ritrovo quello che Gesù elenca nel vangelo, e forse qualche altra cosa ancora: «furti, omicidi, adulteri, impudicizia, invidia, superbia…». Il primo gesto da compiere è allora quello di riattizzare un grande desiderio di purezza, come condizione per vivere nell’amicizia con Dio.

Ama e fa’ quello che vuoi

L’altra condizione è di ricorrere al criterio di sant’Agostino, perché finché siamo sulla terra difficilmente le nostre intenzioni saranno totalmente pure, e nell’agire registreremo sempre un miscuglio di bene e male dentro di noi. Conviene allora lasciarsi illuminare dal criterio di Agostino: ama e fa’ quello che vuoi. Prima di parlare o agire, interroghiamo l’amore. L’amore, e non la nostra ira, non il nostro orgoglio ferito, non il nostro bisogno di ribadire che il-capo-sono-io o che in questo pezzetto di terra nessuno deve intervenire all’infuori di me… Interroghiamo l’amore, che ci consiglierà quello che è per il maggior bene dell’altra persona, se tacere o parlare, se tollerare o intervenire. Interroghiamo l’amore, che ci consiglierà quello che farebbe Gesù.

+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo