Potremmo definire il tema di questa domenica «Gesù incontra la mormorazione», cioè la nostra difficoltà a credere. Infatti le parabole dalle quali noi risaliamo all’esistenza di Dio, alla sua sapienza e al suo amore, cioè il cosmo e la storia, non sono senza contraddizioni. Il creato è pieno di violenza. La storia è piena di ingiustizie. Dunque qualcosa nella fede dell’uomo può incrinarsi. San Tommaso d’Aquino vi ha dedicato nella sua Summa Theologiaela trattazione intitolata: «Se sia evidente che Dio esista», e la risposta del grande teologo cattolico è che non è evidente che Dio esista. Quanto più possiamo incontrare difficoltà noi poveri e modesti viandanti… Ci viene incontro la liturgia di oggi che presenta una vera e propria catechesi sulla fede.
La fede come dono
La prima affermazione è che la fede è un dono e non ce la diamo da soli: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato». Se dunque incontriamo difficoltà nel credere, supplichiamo Dio che ci doni più fede: «Credo, Signore. Aiutami nella mia incredulità. Aumenta la mia fede…».
Dio sceglie segni umili
La seconda affermazione è che Dio si lega a segni umili, come umile era il bambino di Betlemme, come umile era per i Giudei l’apparenza di Gesù «il figlio di Giuseppe», di cui si conoscevano padre e madre. Ma Dio è umile, e si rivolge agli umili, che accolgono il suo linguaggio centrato sui registri dell’umiltà.
Onorare l’amicizia con Dio
La terza affermazione è che noi abbiamo questo tesoro deposto sì in vasi di creta, ma questi vasi di creta debbono essere il più possibile puliti. È cioè necessaria una purificazione, secondo l’invito di Paolo: «Non rattristate lo Spirito Santo!». Occorre distanziarci da tutto ciò che è incompatibile con l’amicizia con Dio, «asprezza, sdegno, ira…», e coltivare ciò che accresce l’amicizia con Dio, e ci rende suoi imitatori, «benevolenza, misericordia, perdono…».
Nutrire la fede: il pane come segno
La quarta affermazione è che la fede va nutrita, come dice plasticamente il segno del pane. Oggi siamo forse indifferenti a questo segno fondamentale, segnati come siamo da tanti disordini nell’assunzione del cibo. Il pane può diventare oggi un complemento ornamentale, o uno sconosciuto, o addirittura un nemico, sulle nostre mense. In verità, forse ancora ricordiamo, noi che abbiamo superato un certo numero di anni, che le nostre nonne ci insegnavano a non deporre mai il pane rovesciato, in segno di rispetto, e le nostre mamme ci costringevano sempre a mangiare il pane del giorno precedente, anche se ogni giorno veniva comprato quello fresco, perché il pane non doveva essere buttato… Il pane è il simbolo più potente del cibo, il simbolo del nutrimento, di quanto occorre alla vita, ed è un sacramento ‘naturale’. Ogni volta che mangiamo il pane, noi compiamo un riconoscimento della nostra insufficienza, della nostra strutturale povertà, ammettiamo che non abbiamo in noi stessi la radice della nostra vita, ma veniamo da una sorgente che è al di fuori di noi stessi. Inoltre, ogni volta che mangiamo il pane, noi entriamo in un dono d’amore. Non è forse il mangiare insieme il modo più arcaico ed efficace di cui disponiamo per creare comunione tra noi uomini? Com’è bello – per chi sa cucinare – riunire quelli che amiamo intorno ad una mensa e vederli consumare lietamente ciò che abbiamo preparato per loro… Una volta ho ricevuto in dono da una persona amica un pane preparato dalle sue mani per me: quel pane racchiudeva tutto il suo amore per me…
Ebbene, il Signore Gesù è il pane che ci viene mandato da Dio, per incontrare la nostra radicale a darci la vita da noi stessi e colmare ogni fame con la vita eterna. Il Signore Gesù è il dono d’amore del Padre, per cui mezzo siamo riconciliati e riuniti intorno ad un’unica mensa. Qui nel tempo tale mensa è l’eucaristia, nutrimento per la nostra fede.
+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo