Gesù, il Salvatore
La liturgia del Natale nella messa della notte ci presenta un racconto del fatto della nascita di Gesù: che cosa è avvenuto. Stamane, invece, nella messa del giorno, la liturgia orienta il nostro sguardo sul soggetto della nascita: chi è nato. Lo fa attraverso il brano alto e solenne del prologo posto all’inizio del vangelo giovanneo. Dunque, chi è Gesù? Per comprendere la risposta della liturgia, riflettiamo anzitutto sul nostro essere di uomini.
L’uomo si distingue dagli altri essere animati per alcuni desideri che lo segnano. In primo luogo il desiderio di conoscere il senso della propria esistenza. Perché esiste questo spettacolo immenso, che è il cosmo intorno a me? E perché esisto io, che sono la prima meraviglia di cui mi meraviglio?
Ma non basterebbe sapere il «perché». All’uomo occorre anche un «per chi». L’uomo ha bisogno di ricevere e trasmettere amore. Abbiamo bisogno di qualcuno che almeno una volta nella vita ci prenda da parte, e ci dica: «Com’è bello che tu ci sia! Tu sei unico! Io ti amo!». E parimenti abbiamo bisogno di qualcuno per cui vivere. A che scopo alzarci tutte le mattine, e lottare, e costruire, e soffrire, e gioire, se non c’è qualcuno davanti a cui prendere tutta la nostra vita e poi dire: «Ecco: tutto ciò che io sono, tutto ciò che io ho, tutto ciò che io faccio è un dono per te! La mia vita è per te! Io ti amo!»?
Ma c’è un altro desiderio ancora: l’eternità. Infatti, ogni bene non è perfetto se non è per sempre. Noi tutti godiamo infatti, certamente, di momenti di gioia, come verosimilmente accadrà in questi giorni di festa. Ma la gioia non è piena perché sappiamo che essa finirà. Solo l’infinito dona ad un bene compiutezza. In definitiva, questi tre desideri sono un desiderio solo… È il desiderio di Dio, l’unica realtà che può dare alla nostra esistenza pienezza di realizzazione: Dio esiste? Qual è suo volto? Come si può entrare in relazione con lui? «Ci hai fatti per te – canta sant’Agostino – e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te».
Il Signore Gesù è colui che colma il nostro desiderio di conoscenza. La pagina evangelica lo definisce il Logos, cioè il principio di coerenza e armonia e bellezza, servendosi del quale Dio ha compiuto l’opera della creazione. Egli è detto ancora la Luce vera che illumina ogni uomo, che ci strappa alle tenebre dell’assenza di senso. Il Signore Gesù è colui che colma il nostro bisogno di amore. Quanti lo accolgono, infatti, ricevono il potere di diventare figli di Dio. Nel Figlio eterno, diventa figlio anche l’uomo. Chi è il figlio, se non colui che percepisce di esistere in quanto lo precede una volontà d’amore? In Gesù l’uomo scopre il senso definitivo della propria esistenza, perché sa che Dio col suo amore lo chiama ad esistere. Infine Gesù è colui che ci rivela Dio. Dio nessuno lo ha mai visto, ma Gesù con la sua carne, con la sua umanità, con la sua presenza, con le sue parole e le sue azioni, ci racconta Dio: che Dio c’è, qual è il suo volto, quali sono i suoi disegni sull’uomo. Gesù, Parola fatta uomo, è l’unico esegeta di Dio. Egli, nel mistero dell’incarnazione, mette in comunicazione Dio e l’uomo, il cielo e la terra, il tempo e l’eternità.
La buona novella
Ma la salvezza che Gesù ha portato si è realizzata? Un poeta del nostro tempo, Fabrizio De Andrè, ha dedicato a Gesù un celebre album, La buona novella, ma ancora prima una canzone, Si chiamava Gesù. In essa si esprime certo ammirazione per Gesù, ritenuto comunque semplicemente un uomo, ma si esprime sulla sua missione un avalutazione finale delusa: «Non intendo cantare la gloria né invocare la grazia e il perdono di chi penso non fu altri che un uomo come Dio passato alla storia. Ma inumano è pur sempre l’amore di chi rantola senza rancore, perdonando con l’ultima voce chi lo uccide fra le braccia di una croce. […] E morì come tutti si muore, come tutti cambiando colore. Non si può dire non sia servito a molto perché il male dalla terra non fu tolto». Ma il bilancio di De Andrè è inesatto. Gesù è venuto a togliere il male non intervenendo su ciò che è esterno all’uomo, ma su ciò che si trova dentro l’uomo nel suo cuore. Dalla sua nascita alla sua morte il suo esempio e il suo insegnamento possono essere racchiusi nella frase di san Paolo: «Non lasciarti vincere dal male ma vinci il male con il bene». La via di Gesù, dal presepe alla croce, è quella di affrontare il male senza lasciarsene contagiare ma vincendolo con la forza inerme e però onnipotente dell’amore.
Un altro poeta italiano, un po’ più indietro nel tempo, Francesco d’Assisi, era pure innamorato di Gesù, tanto da inventare – lo sappiamo – il presepe, per vedere con i propri occhi lo spettacolo dell’amore umile di Dio. Francesco d’Assisi c’insegna però che il mistero dell’incarnazione, che contempliamo una volta all’anno nel presepe, si ripete però ogni giorno nell’eucaristia, dove il Verbo si umilia di nuovo nelle mani del sacerdote. Nell’eucaristia Gesù ci trasmette la sua forza, per vivere come vissuto lui, non lasciandosi vincere dal male, ma vincendo il male con il bene.
Carissimi fratelli, vi auguro di avere il cuore pieno dell’inquietudine che è il desiderio di Dio. Vi auguro di mettere sempre più profondamente al centro della vita il Signore Gesù. Vi auguro di celebrare ogni giorno il Natale nell’eucaristia, per vivere come Gesù, vincendo il male che è nel mondo col suo amore.
+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo