Il vangelo odierno ci permette di formulare un identikit di Gesù risorto, che si rivela sorprendente.
Espressione caratteristica: «pace!»
Ognuno di noi ha un modo di esprimersi, una frase o una parola che lo caratterizzano. Qual è la parola che per prima esce dalla bocca del Risorto? «Pace a voi!». E questo non è sconvolgente? Infatti, se fosse capitato a noi di subire tutta la cascata di violenza che si è riversata su Gesù ¾ rigettato dalla folla, vittima di un complotto dei capi, deluso e tradito dagli amici ¾ al riemergere indenni da questa prova che cosa avremmo detto? «Bene, adesso dobbiamo chiarirci un po’…». O nel peggiore dei casi «adesso facciamo i conti…». Sulle labbra di Gesù, invece, c’è il perdono, c’è la pace. Dopo tutto il male che ha subito, Gesù risorto è una fontana di pace e di perdono.
Gesto caratteristico: spezzare il pane
Ognuno di noi ha un gesto che lo caratterizza, un modo di ravviarsi i capelli, o di stropicciarsi il naso, e così via. Qual è il gesto caratteristici Gesù? Il vangelo ci dice che i discepoli lo riconobbero allo spezzare il pane. E questo, lo sappiamo, è un chiaro legame con l’eucaristia, col gesto della cena nel quale Gesù spiega il senso ch’egli dà alla propria morte e mette in comunione i suoi compagni con lui e tra loro. La caratteristica di Gesù era di avere il gusto del costruire comunione. E non è sconvolgente anche questo? In un mondo che ci dice continuamente di pensare anzitutto a noi stessi, il Risorto si mostra come colui che si incentra negli altri più che in sé e si pone come obbiettivo principale la costruzione della comunione fra coloro ch’egli ama.
Segno distintivo: mani e piedi bucati
Infine tutti noi abbiamo qualche parte del corpo che facilita la nostra identificazione: una voglia, una cicatrice… Il segno identificativo di Gesù è quello attraverso il quale egli stesso si fa riconoscere: le mani e i piedi bucati. Che sono, sappiamo anche questo, le stimmate della sua passione ma sono anche la feritoia da cui emerge qualcosa dell’anima di Gesù. Rimproverare a qualcuno di avere le mani bucate, infatti, nel linguaggio comune significa rimproverargli di non sapere amministrare, di essere uno sperperatore. Ora, Gesù ha le mani e anche i piedi bucati perché ha scelto di amare sino alla fine, di donare se stesso interamente e senza riserve. C’è un detto del Signore riportato negli Atti, che suona: «C’è più gioia nel dare che nel ricevere». Era così per Gesù: la sua gioia stava nel donare prima che nel ricevere. Non sconcerta anche questo? In un mondo che ci spinge a depredare e accumulare ¾ a cosa servono le guerre se non a questo? ¾ il Risorto ci spiazza con le sue mani e i suoi piedi bucati dall’aver donato tutto sino all’ultimo.
«Uno così non può che essere un fantasma…»
Se il Risorto è così diverso da come siamo spinti ad essere noi, comprendiamo bene come gli apostoli ritenessero che non poteva essere se non un fantasma. Non gli credevano non perché fosse inconcepibile ma proprio perché corrispondeva al desiderio profondo del cuore di ogni uomo uno come Gesù risorto, e non si permettevano di crederci per non rimanere ancora una volta delusi… Il Risorto è proprio ciò di cui il desiderio profondo del cuore umano va in cerca, ma per non riuscire a credere che sia vero, ci si proibisce di tuffarcisi dentro, si preferisce verificare prima se per caso non sia un fantasma… Ma Gesù stesso chiede qualcosa da mangiare per poter affermare con ciò: «È proprio vero! Non è un’illusione! Il vostro cuore può gioire, senza timore di essere ferito dalla delusione, perché ciò che desidera è realtà!».
Testimoni del risorto
Il nostro compito? Ci viene detto dalle ultime righe del vangelo: testimoniare il Risorto. Come? Ricalcando sul suo il nostro identikit.
+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo