Nella seconda preghiera di Colletta Dio viene invocato come “padre degli orfani e delle vedove, rifugio agli stranieri, giustizia agli oppressi”, tutte realtà che sono poi cantate nel Salmo responsoriale, che con un ritmo incalzante riporta cinque “buoni motivi per sperare nel Signore”: “Libera i prigionieri”; intendendo ciò in senso largo: deportati, carcerati ingiustamente, irretiti in trame di calunnia. “Ridona la vista ai ciechi”, dove il cieco è colui che ha smarrito la via della verità. “Rialza chi è caduto”, cioè chi è caduto nel peccato. “Ama i giusti”, cioè li guida nel giusto cammino e protegge nei loro passi. “Protegge i forestieri, egli sostiene l’orfano e la vedova”, cioè tre categorie di persone deboli, con scarsi punti di riferimento. La vedova e l’orfano, non avendo più un uomo che potesse difenderne i diritti, erano più facilmente oggetto di ingiustizia, di angherie e di maltrattamenti, la loro situazione economica era spesso precaria perché non potevano contare sul reddito del marito o del padre. Dio, particolarmente sensibile al loro grido, come a quello del forestiero che non essendo nella sua patria non godeva dei diritti di un membro del popolo ebraico. Poteva, quindi, con facilità essere oggetto di maltrattamenti; inoltre, non possedendo beni, viveva da salariato in una situazione di povertà.
Papa Giovanni Paolo II commentando il salmo dice: «Dio è creatore del cielo e della terra, è custode fedele del patto che lo lega al suo popolo, è Colui che fa giustizia nei confronti degli oppressi, dona il pane che sostiene gli affamati e libera i prigionieri. È Lui ad aprire gli occhi ai ciechi, a rialzare chi è caduto, ad amare i giusti, a proteggere lo straniero, a sostenere l’orfano e la vedova. È Lui a sconvolgere la via degli empi ed a regnare sovrano su tutti gli esseri e su tutti i tempi… È necessario vivere nell’adesione al volere divino, offrire il pane agli affamati, visitare i prigionieri, sostenere e confortare i malati, difendere e accogliere gli stranieri, dedicarsi ai poveri e ai miseri. È, in pratica, lo stesso spirito delle Beatitudini; è decidersi per quella proposta d’amore che ci salva fin da questa vita e sarà poi l’oggetto del nostro esame nel giudizio finale, che suggellerà la storia. Allora saremo giudicati sulla scelta di servire Cristo nell’affamato, nell’assetato, nel forestiero, nel nudo, nel malato, nel carcerato. “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40): questo dirà allora il Signore» (Udienza generale, 2 luglio 2003).
Don Tiziano Galati
Responsabile dell’Apostolato Biblico
Ufficio Catechistico