Un insegnamento in negativo
Il Vangelo di Marco volge al termine – come l’anno liturgico – e ci viene presentato uno degli ultimi insegnamenti di Gesù, ambientato nel tempio, a Gerusalemme. Esso è presentato prima in controluce, a partire da una controtestimonianza, quella attribuita agli scribi. In verità, i vangeli parlano in maniera cumulativi di «scribi», «scribi e farisei», «sommi sacerdoti», e così via, per indicare genericamente gli esponenti della religione istituzionalizzata, che vedono in Gesù di Nazaret un pericolo per il loro potere, e ne decidono l’eliminazione. Verso costoro è proprio Gesù che mostra di sperimentare una forte tensione, e difatti, ai suoi discepoli e alla folla insegna a distanziarsi da loro. Che cosa rimprovera a loro Gesù? Come dice il testo, anzitutto l’esibizionismo, il formalismo, l’ipocrisia di una religione, di cui si servono per collocarsi al centro dell’attenzione ed emergere su tutti. Fanno ciò che fanno «per farsi vedere», per conquistare l’ammirazione degli altri. Inoltre, sono amanti del denaro, fino al punto di diventare ladri, approfittando del proprio ascendente sulle vedove per derubarle dei loro beni e divorarne le case. Infine, Gesù obietta loro nientemeno che di essere blasfemi, e forse anche atei, perché gettano nel tesoro del tempio molte monete, comunque solo una parte del loro superfluo, e comunque attraverso l’offerta del loro denaro credono di procurarsi il consenso di Dio. In altri termini, reputano Dio qualcuno che si può comprare col denaro.
Un insegnamento in positivo
Gesù ci attira sul lato illuminato della moneta, per offrirci nella vedova un modello di sequela. A quella della pagina evangelica, aggiungeremo anche i caratteri di quella della vedova che nella prima lettura ospita il profeta Elia. La vedova è una persona povera, anzitutto perché una donna, e in quanto tale appartiene ad una categoria considerata di serie inferiore nell’antropologia ebraica dei tempi di Gesù. Inoltre è una vedova, e a quei tempi, se non interveniva un parente con la legge del levirato, la vedova era totalmente priva di mezzi di difesa e sostentamento. Ed ancora, è una persona circondata da sospetto o disprezzo, perché, per le ragioni indicate prima, per campare una vedova accadeva che fosse costretta a darsi alla mendicità o alla prostituzione.
La vedova però è una donna capace di solidarietà, perché tra le urne del tesoro in cui finiva il denaro ve ne erano di quelle destinate ai poveri. Anche quella del profeta Elia cede alla richiesta di condividere con uno straniero (la scena si svolge a Sarèpta, quindi fuori Israele). Dunque in lei la povertà non la conduce a rinchiudersi ma al contrario la rende attenta a quella come lei. È stato detto – da chi di queste cose può parlare con più autorità di me – che la fortuna dei poveri non sono i ricchi ma che sono gli altri poveri, perché tra i poveri si innesca più facilmente il circolo virtuoso della condivisione e della solidarietà. Poi la vedova è una donna generosa: la prima dona tutta la farina della sua giara e l’olio del suo orcio, la seconda non dona solo una parte del poco che aveva, ma dona «tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere». Finalmente, la vedova fa tutto questo, perché una donna la cui forza è la fiducia in Dio: «per la vita del Signore tuo Dio», dice l’una; e l’altra getta nel tesoro tutto quello che ha per vivere, perché per lei Dio è tutto, e da Dio si attende la vita.
Gesù dona interamente se stesso
Qual è l’esito di tanta generosità? «La farina della giara non venne meno e l’orcio dell’olio non diminuì»! Ad essere generosi col Signore e con i poveri, si fa sempre esperienza della generosità di Dio. Questi – si dice – non si lascia vincere in generosità… Il Signore ama chi dona con gioia…
E a ben vedere, nella figura della vedova Gesù in fondo mostra espresso il suo atteggiamento profondo dinanzi alla morte imminente, visto che il testo evangelico precede l’inizio del racconto della passione. È Gesù il povero, che ha solo Dio, e per il quale Dio è tutto il bene, il sommo bene, ogni bene. È Gesù il generoso, che dona tutto quello che ha per vivere, getta tutta la sua stessa vita nel forziere del mistero pasquale. È Gesù ad insegnare che c’è più gioia nel donare che nel ricevere. È Gesù che nella risurrezione farà l’esperienza della generosità del Padre, che all’estrema indigenza del Crocifisso non farà mancare il trionfo sulla morte, la farina della vita eterna e l’olio dello Spirito santo. Gesù ora, dopo aver offerto se stesso in sacrificio, è entrato nel tempio del cielo e, sempre vivo, intercede per noi.
+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo