XX Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Cerco la mia casa

Un giovane poeta dei nostri giorni ha rivolto la sua preghiera a Dio rivolgendoglisi così: «Oh Signore dell’universo, ascolta questo figlio disperso, che ha perso il filo e che non sa dov’è…». E nel ritornello la canzone invoca «Voglio andare a casa, la casa dove posso portar pace, la casa dove posso stare in pace con te…». Potremmo portare altri esempi, più antichi e più classici, come il poema omerico incentrato sul viaggio di Odisseo, tutto orientato ad Itaca, dove vi è la sua casa. (O più moderni e fuori standard, come la canzone di Roger Waters in cui questo grande artista dice: «Home, Home again! I like to be here when I can. When I come home cold and tired, it’s good to warm my bones beside the fire…»). Ma, pur continuando, nulla aggiungeremmo a dimostrare che nell’uomo preme il desiderio di una casa, un luogo dove dimorare e trovare la pienezza della pace. E questo non è anche un meccanismo dell’amore? Non c’è nell’amante la spinta ad uscire da sé per andare ad abitare nella persona amata? Non è anzi la persona amata la casa più bella in cui poter dimorare?

«Cerco la mia casa…»: questa frase è anzitutto da mettere sulla bocca dell’uomo alla ricerca di Dio.

Dove abita Dio?

Dove abita Dio? La colletta di oggi ci viene incontro, allorché ci invita ad amare Dio «in tutte le cose». Tutte le cose sono infinitamente amate da Dio, e perciò esistono: il filo d’erba come l’immensa montagna, il ciottolo della spiaggia come la costellazione: tutto esiste perché Dio vuole che tutto esista e perciò tutte le cose recano un’impronta di Dio, della sua sapienza e del suo amore. Lo aveva ben compreso Francesco d’Assisi che nel suo Cantico loda Dio attraverso le creature, che del creatore «portano significatione». Contemplando il creato affidato alla sua cura, l’uomo fa un’esperienza di Dio, che del creato ha fatto la sua casa.

Ma l’esperienza di Francesco ci viene in aiuto per capire che Dio abita anche in ogni uomo e in ogni donna, specie in quelli feriti. Il Signore Gesù dalla croce affida a Francesco il compito di riparare «la casa che va in rovina». Nell’incarnazione il Figlio di Dio si è unito ad ogni uomo, ed ogni uomo entra in contatto con Gesù crocifisso e risorto, nel modo che Dio sa. L’uomo, il povero specialmente, è «Basilica maggiore», nel senso che a questa espressione attribuiva don Tonino Bello allorché la confermò applicata dai giovani a Giuseppe l’accattone, riverso ubriaco sul bordo di una strada di Molfetta. E nel padiglione di Calcutta destinato ad accogliere i moribondi, madre Teresa aveva fatto appendere un cartello con su scritto: «Qui c’è Dio».

Infine Dio abita in modo unico nel Signore Gesù. È Gesù, il Verbo fatto carne, la dimora di Dio fra gli uomini, colui attraverso il quale Dio ha posto la sua tenda in mezzo a noi. Incontrando Gesù si incontra colui che di Dio è Volto e Parola.

«Cerco la mia casa…». Questa stessa frase può essere posta però, altrettanto significativamente, sulle labbra di Dio. Sì, anche Dio desidera abitare nell’uomo, farne la propria dimora, come è dell’amante verso l’amato… «Chi mangia e beve dimora in me ed io in lui… Se uno mi ama, io e il Padre verremo e prenderemo dimora presso di lui… Ecco sto alla porta e busso: se uno mi apre, entrerò e cenerò da lui…». Misteriosamente ma realmente Dio brama di essere accolto nella nostra vita e di fare di ognuno di noi la sua dimora.

Nell’eucaristia tutto ciò si realizza sacramentalmente, in attesa che avvenga pienamente nella vita eterna. Nell’eucaristia si compie il «misterioso incontro tra la povertà dell’uomo e la ricchezza di Dio». Noi offriamo le cose che Dio ci ha messo nelle mani. Dio in cambio ci dona se stesso…

+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo