I giovani, nostro futuro e nostro presente
L’anno pastorale ’25-’26 include la conclusione del Giubileo ordinario e la sua prosecuzione. Il Giubileo ha rilanciato la centralità della virtù teologale della speranza nella vita cristiana, la speranza che è la previsione di un bene davanti a noi.
Ora, da un certo punto di vista, l’età più adatta alla speranza è la giovinezza: i giovani, infatti, hanno ancora tutta la vita davanti a sé. è dunque sembrato coerente, sia con il cammino giubilare sia con il presente della nostra società salentina, orientare il cammino diocesano per il prossimo triennio alla cura dei giovani.
Questa opzione risponde ad un’urgenza, che coinvolge la visione stessa che la Chiesa ha di sé, l’annunzio e la catechesi, i sacramenti dell’iniziazione, la sinergia con la famiglia, con la scuola e con le istituzioni.
Sino a non molto tempo fa, in Italia la trasmissione della fede e della visione del mondo scaturivano dalla famiglia, dalla scuola e dalla parrocchia. Oggi però tali centrali educative sono per così dire “liquide”, e i vecchi canali di trasmissione sono obsoleti. Dunque, come fare incontrare oggi il mondo dei giovani con Gesù Cristo e il Vangelo?
Inoltre, il mondo cambia ogni giorno, e giustamente Papa Francesco metteva in luce che non siamo in un’epoca di cambiamento ma in un cambiamento d’epoca. Papa Leone ha rimandato le priorità della Chiesa contemporanea, tra luci e ombre: l’impegno per la pace, la salvaguardia del creato, la tutela dei diritti della persona umana, l’ambiente digitale, l’intelligenza artificiale.
Nel nostro territorio si aggiungono alcune problematiche specifiche, come la diffusione della violenza verso e tra i minori, l’abbandono della scuola, la necessità di abbandonare la nostra terra in cerca di lavoro altrove.
Ma noi abbiamo il diritto e il dovere di sperare, di organizzare la resilienza, organizzandola anzitutto a partire dalle nostre molte risorse: la natura, la storia, l’arte, la spiritualità, e soprattutto i giovani stessi.
Vogliamo una Chiesa che si impegni per i giovani, non solo facendo cose per loro, ma prima ancora valorizzandoli, integrandoli, ascoltandoli. San Francesco insegna nella Regola che bisogna ascoltare anche l’ultimo dei novizi, perché talora lo Spirito Santo parla attraverso il più giovane.
In questa nostra piccola assemblea sinodale, vogliamo iniziare ad operare tale discernimento. Alcune iniziative sono già state programmate, come il Giubileo dei giovani, in cui il momento celebrativo sarà preceduto da un momento di incontro e di ascolto, ma spetta al Convegno allargare le prospettive negli ambiti esistenziali e nell’itinerario da percorrere.
La nostra speranza è Gesù
Ma per non trovarci a faticare invano, mettiamo a fondamento Gesù che ci parla nel Vangelo e attraverso la Chiesa. Lasciamoci illuminare dall’insegnamento che Papa Leone ha offerto durante il Giubileo dei giovani, a Tor Vergata.
Nella veglia del 2 agosto ha risposto a tre domande da parte dei giovani: l’amicizia, il coraggio per scegliere, il richiamo del bene e del valore del silenzio.
Il 3 agosto nell’omelia il Papa ci ha ricordato che, dopo la morte di Gesù, sembrava non ci fosse più niente da sperare. Ma i discepoli di Emmaus lo hanno accolto come compagno di viaggio, lo hanno ascoltato mentre spiegava il mistero della Pasqua nascosto nelle Scritture, per infine riconoscerlo mentre spezzava il pane. La speranza è così rifiorita nel loro cuore. Dunque, è «l’incontro con Cristo Risorto che cambia la nostra esistenza, che illumina i nostri affetti, desideri, pensieri».
Ha poi proseguito, evidenziando che il desiderio ci porta verso Dio: «Siamo fatti così: siamo fatti per questo. Non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore. E così aspiriamo continuamente a un “di più” che nessuna realtà creata ci può dare; sentiamo una sete grande e bruciante a tal punto, che nessuna bevanda di questo mondo la può estinguere. Di fronte ad essa, non inganniamo il nostro cuore, cercando di spegnerla con surrogati inefficaci! Ascoltiamola, piuttosto! Facciamone uno sgabello su cui salire per affacciarci, come bambini, in punta di piedi, alla finestra dell’incontro con Dio. Ci troveremo di fronte a Lui, che ci aspetta, anzi che bussa gentilmente al vetro della nostra anima (cfr Ap 3,20). Ed è bello, anche a vent’anni, spalancargli il cuore, permettergli di entrare, per poi avventurarci con Lui verso gli spazi eterni dell’infinito».
Il 7 settembre la Chiesa ha poi ricevuto la grazia della canonizzazione di due santi giovani, Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis, i quali ci ricordano che, a qualunque età, la vocazione ultima di ogni cristiano è la santità. Concludendo l’omelia, Papa Leone ha affermato che essi «sono un invito rivolto a tutti noi, soprattutto ai giovani, a non sciupare la vita, ma a orientarla verso l’alto e a farne un capolavoro. Ci incoraggiano con le loro parole: “Non io, ma Dio”, diceva Carlo. E Pier Giorgio: “Se avrai Dio per centro di ogni tua azione, allora arriverai fino alla fine”. Questa è la formula semplice, ma vincente, della loro santità. Ed è pure la testimonianza che siamo chiamati a seguire, per gustare la vita fino in fondo e andare incontro al Signore nella festa del Cielo».
Accogliamo tale evento come provvidenziale per il cammino della Chiesa Idruntina. Preceduti dai nostri Santi Martiri, e ora anche con san Pier Giorgio Frassati modello per i giovani e san Carlo Acutis modello per gli adolescenti, orientati al Cielo, continuiamo il nostro impegno e il nostro cammino quotidiano sulla Terra.
Otranto, 9 settembre 2025
+ Francesco Neri OFMCap
Arcivescovo